Autore:
Claudio Morandini è un fisioterapista e specialista pavimento pelvico.
Lavora a Milano e di occupa anche di educazione e divulgazione sessuale.
Ama molto fare ricerche in ambiti scientifici e storici.
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Se dovessimo decidere qual è la più grande contraddizione nella sfera sessuale fin dall’alba dell’umanità questa sarebbe sicuramente la pulsione contrapposta tra monogamia e promiscuità.
Siamo una specie in cui la procreazione è fortemente dispendiosa in termini di tempo ed energie, quindi la formazione istintiva di una coppia che accompagni gravidanza e infanzia della prole è fortemente vantaggiosa.
Allo stesso tempo però ai geni piace cambiare, e i rapporti extraconiugali forniscono un altro vantaggio: quello della maggiore variabilità genica e la possibilità di figli diversi e versatili.
Questo non è un cruccio unicamente umano: la maggior parte degli animali che consideriamo solitamente monogami per la vita, come ad esempio i cigni, hanno circa un terzo della prole frutto di scappatelle per rimestare il calderone dei cromosomi.
Questo porta a un pattern di comportamento molto incoerente nelle coppie: entrambi cercano di limitare l’accesso sessuale del partner ad altre persone e allo stesso tempo cercano di sfuggire alle limitazioni imposte.
Non è difficile immaginare come questo possa essere fonte di conflitto soprattutto in gruppi numerosi dove il controllo è meno semplice da mettere in pratica.
Al fine di placare la frustrazione legata alla monogamia imposta e il conflitto generato dall’infedeltà la maggior parte delle culture ha sviluppato nel tempo i propri circoli e rituali promiscui. Non parliamo di riti orgiastici antidiluviani: già negli negli anni ‘40, e quindi prima della seconda rivoluzione sessuale, si calcola che i rapporti extraconiugali concordati col partner fossero una pratica accettata nel 39% delle culture su tutto il pianeta.
La cultura occidentale non fa eccezione con il suo florido sottobosco e intricata rete sociale dedicata allo scambismo.
Lo scambismo non è un culto, una setta o un club esclusivo, è una community discreta e nascosta in piena vista con radici molto diffuse, al punto che quasi ogni città in Italia possiede club ed eventi dedicati.
Il termine “scambismo”
è conosciuto ufficialmente nella cultura occidentale fin dagli anni ‘50, ma in tutta America ed Europa era già vivacemente attivo nella cultura borghese parecchi secoli fa. Il termine “libero scambio” in Italia ad esempio indicava il mescolare i membri di due o più coppie fin dall’800.
Mentre ci sono poche notizie di attività scambiste a cavallo delle due guerre mondiali si inizia a parlare di “wife-swapping” nel 1957 ed è un termine adottato non dalla community ma dalla stampa androcentrica dell’epoca che aveva scoperto una peculiare sottocultura dell’aviazione americana.
I piloti di caccia dell’Air Force avevano un alto tasso di mortalità, il più alto di ogni ramo dell’esercito, e questo portò a un accordo particolare.
La non monogamia tra le mogli di questi piloti e altri piloti divenne accettabile, in caso di morte in missione gli altri partner avevano il tacito accordo di prendersi cura della vedova.
Questo legame si protrasse anche dopo la guerra e l’usanza dello scambismo moderno gemmò da lì all’America suburbana.
Un grande mito di quel periodo spinto dai giornali erano anche i cosiddetti key-parties:
fantomatiche feste in cui uomini di famiglia “apparentemente normali” facevano gettare dalle mogli le chiavi di casa in un cappello per decidere con chi avrebbero dormito quella notte, ma non ci sono fonti di prima mano a testimoniarlo.
Solo negli anni ‘60 la stampa sensazionalistica, ammorbidita dalla rivoluzione sessuale in atto, passò al termine meno maschilista “swinging”. La comparsa della pillola anticoncezionale inoltre rendeva i rapporti molto meno pericolosi. Sembrava prospettarsi un’epoca d’oro dello scambismo.
Purtroppo con le epidemie prima di herpes negli anni ‘70 e poi di AIDS negli anni ‘80 la promiscuità dovette per forza seguire una battuta d’arresto: i club chiusero, le coppie smisero di frequentarsi, le comunità stagnarono e appassirono.
L’immagine dello scambismo e dei suoi partecipanti calò a picco.
I pochi superstiti che ancora partecipavano agli eventi venivano descritti come egoisti che mettevano i propri istinti animali di fronte alla salute e sicurezza di tutti, rischiando di spargere il terribile male che è stato lo spauracchio del cambio di secolo.
A salvare gli scambisti fortunatamente è stato Internet.
Il web non ha solo fornito piattaforme per conoscere altre persone interessate a questo stile di vita (siete su una di queste), ma anche un pulpito pubblico che per la prima volta permette di informare il pubblico senza passare per il filtro del giornale scandalistico.
Tramite l’anonimato le testimonianze positive nei confronti dello scambismo si sono moltiplicate e le domande dei curiosi possono venire soddisfatte in un modo che prima era possibile solo partecipando alla scena in prima persona.
Questa improvvisa trasparenza sta aiutando a correggere come la community viene vista: non più come un insieme di schiavi del proprio vizio, ma di persone consapevoli della dicotomia tra desiderio monogamico e promiscuo e in grado di trascenderla.
Il web si è dimostrato uno strumento talmente potente da tenere unita la comunità, che è riuscita a crescere perfino durante l’ultima pandemia.
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