Tuttə prontə a offendersi per la minima cosa, al punto da rimanere paralizzatə per la paura di sbagliare – e venire cancellatə. La cultura woke, con tutte le sue parole strane (tipo ‘woke’, per esempio) e l’ossessione per regole contorte come l’uso della schwa, a volte sembra più un problema che un progresso. In realtà basta poco per non fare figuracce fin dal primo approccio.
Autore: Ayzad
Coach specializzato in sessualità insolite e divulgatore
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Dal patriarcato alla wokeness
Per chi ha più di 30 anni – ma anche per un bel po’ di buzzurri più giovani, diciamolo – il periodo dopo i lockdown da COVID è stato uno shock. Già c’era stata la fase #metoo che aveva reso tutti (e soprattutto tutte) sensibili al tema delle molestie e del sessismo; i mesi passati chiusi in casa a stordirsi di social network avevano però aperto gli occhi di tante persone su altri temi delicati. Identità di genere, inclusività, fluidità… perfino sul modo di parlare! Quando poi abbiamo ripreso a circolare, incontrarle è stato come trovarsi in mezzo agli extraterrestri.
Non si tratta di una vera guerra, ma sicuramente di un bel conflitto fra valori differenti. Da una parte ci sono le moltitudini rimaste aggrappate – anche inconsapevolmente – alla cultura patriarcale. Per dirla semplice è quella dove chi è maschio, bianco, eterosessuale, benestante, furbo o violento ha sempre ragione, perché… beh, perché sì. È sempre andata così e quindi guai a chi lo mette in discussione.
Sull’altro lato ci sono coloro che invece di pensare solo ai propri interessi personali credono nell’eguaglianza fra tuttə, nel rispetto reciproco anche davanti alle diversità, e nell’utilità di fare uno sforzo per cercare di star bene tuttə, e non solo chi urla più forte. Chiamali ‘femministə’, ‘woke’ o semplicemente ‘persone civili’, ma in effetti hanno modi tutti loro di comportarsi, nel bene e nel male.
Il risultato è che entrambe le fazioni si sentono attaccate, offese e indignate dalla parte opposta, tanto che trovare un dialogo è difficilissimo. L’espressione più comune è «ma allora non si può dire più niente!» e tutto si riduce come al solito a scenate da bimbi dell’asilo. Ciò capita anche nell’ambito della sessualità – e quindi del dating – con situazioni in cui ci si ritrova “incomprensibilmente” rifiutati da potenziali partner di letto semplicemente perché non si è statə capaci di capire chi si avesse davanti. Vediamo allora di mettere le cose in chiaro.
Rispetto per tutt*
Il concetto di fondo è estendere la normale educazione e il normalissimo rispetto a chiunque. Non si tratta di una novità: già lo consigliavano i babilonesi, ma oggi c’è una differenza. Chi non segue questa regola non viene più tollerato. Anziché girarsi dall’altra parte, prepotenze e maleducazioni vengono segnalate pubblicamente… e per ironia del fato a finire emarginati sono una volta tanto i colpevoli.
In sempre più ambienti, chi discrimina perde clienti e opportunità di lavoro; chi maltratta viene tenuto fuori dal gruppo; chi cerca di fregare il prossimo non viene più coinvolto. E, come dicevamo, ciò capita pure col sesso. Se i tuoi match sono precipitati, non vieni più invitatə a certe serate, o sempre più persone rimbalzano i tuoi approcci… chiediti se hai davvero la coscienza a posto. Sia le persone che gli algoritmi infatti si parlano, ed è sempre più facile che un comportamento sgradevole abbia distrutto la tua reputazione, lanciandoti in un lungo purgatorio finché non avrai nuovamente dimostrato di saper stare al mondo. Eccoti qualche dritta per prevenire i guai:
Uguaglianza – Piantala di “scherzare” su chi è diversə da te. Maschi, femmine, trans, queer, giovani, vecchi, abili, disabili, ricchi, poveri, gente di qualsiasi paese, colore, religione e inclinazione… Hai tutto il diritto di avere gusti e preferenze, ma tratta tuttə rispettosamente – anche perché è il modo migliore di farsi trattare bene pure da loro
Identità – Fattene una ragione: là fuori ci sono otto miliardi di persone, molte delle quali vivono in modo diverso dal tuo ma valgono tanto quanto te. A te darebbe fastidio venire messə in dubbio per come ti vesti, ti presenti, per cosa mangi o per chi ami? Ecco, pure a loro. Quindi accetta senza questionare anche le loro identità pure quando ti sembrano strane. Un signore con la barba vestito da scolaretta dice di chiamarsi Pamela e avere sei fidanzatə di vari sessi fra cui un tale che indossa sempre una maschera da cane? Beh, saranno un po’ affari suoi: non ha chiesto la tua opinione.
Fluidità – A proposito di opinioni, cambiarne una non vuol dire “tradire la causa” e non c’è alcuno scandalo se si cambia squadra del cuore, tipo di partner, partito politico o pratica erotica preferita. Anzi: di solito è il segnale di una evoluzione. Provare tante possibilità differenti permette di scegliere consapevolmente quella più adatta a noi.
Femminismo – Le persone femministe non sono quelle ‘che fanno la guerra ai maschi’, ma quelle che evitano di trattare male le donne (e le persone transessuali, e tutte le altre. Ti ricordi cosa si diceva sull’uguaglianza?). Finiscila di ridurre tutto a una tifoseria: invece di litigare e scannarsi per “avere ragione” si può – e si deve – collaborare al benessere collettivo.
Parla come pensi
I principi qui sopra si applicano anche a come parli e scrivi. Aver cura di essere inclusivə significa pure usare forme che comprendano tutti i generi e le diversità. Spesso basta semplicemente scegliere le parole giuste: per esempio, ‘le persone femministe’ è più semplice e inclusivo di dire ‘le femministe e gli uomini che condividono la filosofia femminista, e anche chi è in corso di transizione da un genere all’altro oppure preferisce non identificarsi in alcun genere, indipendentemente dal sesso biologico con cui è nato o nata’.
In altri casi l’italiano non aiuta, perché di regola declina al maschile i nomi collettivi. È per questo che sono nate tutte quelle forme un po’ strane: scrivere ‘accettatə’ tutto sommato fila meglio di ‘accettato o accettata’ ed è pure più inclusivo, perché appunto copre pure il caso di chi non si ritiene né maschio, né femmina. Questa soluzione – il simbolo ‘ə’ si chiama ‘schwa’ e ha un suono neutro – non è perfetta, ma manda anche un segnale importante: per me uguaglianza e inclusività sono importanti.
C’è anche chi al posto della schwa usa asterischi, la lettera ‘u’ o altre varianti. Non è una “dittatura linguistica”, ma solo il tentativo di non mettere nessunə a disagio.
La realtà non sta sui social
Se tutti questi ragionamenti ti sembrano complicazioni inutili… hai quasi ragione. Non c’è dubbio infatti che ci sia un problema culturale di fondo, che ci siano dei problemi e che ci siano delle soluzioni più o meno comode. Nel mondo reale però le cose vanno in modo di gran lunga più sereno di quanto appaia dai social network e dalle sparate dei politicanti, che sui conflitti basano il loro intero business.
Comportarsi da trogloditi ammazzerà la tua vita sessuale, ma nessunə ti aggredirà se usi il pronome sbagliato, né verrai “cancellatə” per una battuta poco felice – se si tratta di un episodio isolato o di una disattenzione, al peggio rischi di fare una figura da cafonə. A favore o contro, chi insiste esageratamente sull’etichetta antipatriarcato probabilmente sta solo cercando di attrarre attenzione per ottenere vantaggi personali: è lo stesso tipo di persona che monta guerre ideologiche per “difendere la ricetta della vera carbonara”.
L’unica domanda importante che dovresti porti è semmai una: vale davvero la pena continuare a comportarsi da ignorante? Avere un po’ più di attenzione nei confronti del prossimo non costa nulla, non ti porta via niente e ti rende più attraente agli occhi delle persone per cui benessere e sessualità sono cose importanti – cioè proprio di chi vale più la pena invitare nel tuo letto.
Anzi, perché non fai subito una prova? Rileggi i tuoi profili di dating – e non solo quelli – e forse modificali quel tanto che basta per non sembrare rimastə al secolo scorso. Vedrai che ne varrà la pena.
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