La mistress Gratia Plena racconta di chi ama essere completamente ricoperto, incatenato e costretto da una abbigliamento specifico. Dinamica estrema, ma attraente per moltissime persone.
Sull'autrice:
Gratia Plena è una dominatrice milanese, designer, performer e latex model.
Attiva da dieci anni nella scena BDSM italiana dopo aver spaziato in molti ambienti della sessualità insolita, aiuta le persone a vivere Esperienze uniche e speciali.
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Cari esploratori, vi ricordate lo “Storpio” di Pulp Fiction? L’uomo nero nascosto sotto la botola del pavimento, interamente coperto di pelle, catene e cerniere? In questo articolo vi parlo proprio di lui: della figura del gimp in ambito bdsm e del significato del suo abbigliamento in una relazione D/s.
Chi è il gimp e l’importanza della bondage suit:
Il gimp è quel sottomesso, generalmente di sesso maschile, che ama vestirsi (anche se sarebbe più appropriato il termine “rinchiudersi”) dalla testa ai piedi con una gimp suit o bondage suit.
Un indumento unico di vari materiali progettato per nascondere e costringere completamente il corpo, compresi volto, mani, piedi e genitali. Spesso le gimp suite più elaborate sono rinforzate da cinghie, anelli di metallo, fibbie, ganci e punti di ancoraggio per fissare o agganciare corde e catene, al fine di sollevare e appendere chi la indossa. Alcune possiedono anche un cappuccio incorporato ma nella maggior parte dei modelli il cappuccio è venduto a parte ed è un accessorio fondamentale, dal significato potente.
Ciò che differisce una gimp suit dalla classica catsuit e dalle tute zentai in lycra non è tanto nell’aspetto, infatti si somigliano molto, quanto nello scopo: il materiale della gimp suit è più spesso, molto più resistente all’usura e agli strappi, costringe completamente il corpo rendendo difficoltosi i movimenti del sottomesso annullando completamente la sua identità, isolandola dal resto del mondo esterno in modo che la sua mente e la sua volontà restino imprigionate dentro la tuta stessa; in tal modo il gimp diventa un mero oggetto nelle mani del dominante. Una creatura senza volto, senza corpo, senza volontà che cede completamente il controllo annullandosi dentro il suo indumento che diventa, in questo modo, la sua stessa prigione. Il suo unico scopo è servire e soddisfare i bisogni del suo proprietario, in particolare quelli sessuali.
Quasi tutte le gimp suit possiedono strategiche zip all’altezza dei capezzoli, della bocca e dei genitali in modo da averli sempre accessibili e disponibili qualora il dominante avesse voglia di usarli a suo piacimento.
I materiali delle gimp suit sono quelli che amo definire gli intramontabili del sadomaso:
- il rubbere il latex per i cultori dell’estetica lucida e aderente, del sudore e delle sensazioni caldofredde, agiscono come una seconda pelle segnando ogni curva del corpo alla perfezione.
- il leather per gli amanti delle costrizioni rigide e pesanti, dell’odore intenso tipico della pelle, dell’isolamento severo e della fatica fisica.
- lo spandex e il darlexx per chi preferisce i tessuti sintetici, sportivi e traspiranti, dalla struttura semirigida
La scelta del materiale dipenderà non solo dal gusto personale, ma anche dalla capacità di sentirsi a proprio agio con esso, da eventuali allergie (il latex in particolare) e dal budget a disposizione, le gimp suit in pelle ad esempio arrivano a costare anche migliaia di euro.
Il cappuccio – gimp hood
Il cappuccio (gimp hood) è fondamentale in questa dinamica. Celare completamente il volto incrementa la sensazione di oggettificazione e di totale annullamento, in questo modo il gimp viene deumanizzato, ogni centimetro del suo volto e del suo corpo vengono nascosti sotto uno spesso strato di pelle, ad eccezione delle zone sensibili.
E’ saggio ricordare che si tratta di una dinamica di gioco estremo e i cappucci, in particolare quelli per la deprivazione sensoriale, riducono la respirazione. E’ importante sceglierli della taglia giusta (non devono essere troppo stretti e non devono premere su naso e tempie) e con le dovute aperture o fori di sicurezza su naso e bocca, soprattutto se il gimp resta costretto per molte ore. Il rischio di asfissia resta presente ed è doveroso da parte del dominante adoperare tutte le misure di sicurezza necessarie per ridurlo il più possibile:
- Il gimp non va mai lasciato solo. E’ possibile giocare col suo stato di deprivazione sensoriale e di costrizione, allontanandosi da lui o confinandolo per un periodo che a lui sembrerà infinito, ma il dominate non dovrà mai abbandonare la stanza. Se avete necessità di lasciare fisicamente la sessione, liberate prima il gimp da tutte le costrizioni che gli impediscono i movimenti o ne limitano la respirazione.
- Adoperarsi di forbici di sicurezza. In caso di mancamento è necessario agire tempestivamente tagliando le costrizioni o la bondage suit stessa se necessario.
- Comunicare è fondamentale. Rassicurate spesso il gimp, chiedetegli di farvi un cenno con la testa o di stringervi la mano se dovesse essere impossibilitato a parlare per assicurarvi che tutto stia procedendo per il meglio.
- Occhio all’idratazione. In particolare nelle sessioni lunghe, ogni tot di tempo è importante liberare il gimp dalle costrizioni, soprattutto dal cappuccio, tamponare il sudore e idratarlo con acqua e sali minerali. Il tempo dipenderà dal grado di esperienza e dalla sua resistenza.
- La taglia della bondage suit deve essere giusta. Se si sceglie una bondage suite troppo stretta la circolazione sanguigna e la respirazione possono risentirne.
- Pulire e disinfettare la bondage suitsoprattutto se non è personale e viene utilizzata con altre persone.
La prigionia indossata come un abito è un concetto affascinante e il ruolo del gimp lo rappresenta alla perfezione. Certamente chi resta incantato da questa dinamica ricerca il lato più estremo del bdsm, ma trovo doveroso ricordare che anche le dinamiche estreme e il bizzarre onorano sempre un gioco sano, sicuro e consensuale.
Ogni dominante ha il dovere di prendersi cura di chi si affida a lui, salvaguardando la salute fisica e mentale del suo sottomesso. Le dinamiche sadomaso psicologicamente sostenute come l’isolamento costrittivo, la deprivazione sensoriale totale, l’oggettificazione sessuale sono esperienze intense e non sempre facili da gestire o da reggere.
Spesso ci si ritrova ad avere a che fare con i propri fantasmi, si perde la cognizione del tempo, ci si canalizza così tanto nel ruolo che si rischia di interiorizzarlo. Il mio consiglio è di addentrarsi in queste dinamiche con gradualità e la mente consapevole, vigile e leggera tipica di chi non ha tendenza ad accumulare macigni sull’anima.
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